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inquinamento l' italia condannata.

12.11.2020 18:59
COSA RIMANE DI NON INQUINATO IN ITALIA ?? ITALIA CONDANNATA ANCHE PER L'ARIA!
non è la prima volta che accade, ma è significativa la perdita di pazienza della Corte UE che aveva più volte richiamato l'Italia al risanamento da polveri sottili "accordando più deroghe": ora la pesante condanna, a cui dobbiamo dar adito  anche noi rilanciando la mobilitazione per pretendere nella molteplicità delle aree la bonifica e la dismissione di tutte le fabbriche e le servitù inquinanti, ne va della vita.
 
Vincenzo

Inquinamento. L'Italia condannata dalla Corte di Giustizia Ue per le polveri sottili


 
Redazione Internet martedì 10 novembre 2020
L'istituzione giudiziaria europea accusa il nostro Paese di aver violato la direttiva sulla qualità dell’aria tra il 2008 e il 2017
 

Corte Ue condanna l’Italia: ha violato per 10 anni i limiti sulle polveri sottili. E "non ha adottato in tempo le misure necessarie" - Ansa 

 

L'Italia ha violato sistematicamente e in modo continuativo tra il 2008 e il 2017 la direttiva europea sull'inquinamento atmosferico, in particolare sulle concentrazioni di particelle PM10 nell'aria di alcune città. Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea oggi, a seguito di un procedimento partito dalla Commissione europea nel 2014.

"Dal 2008 al 2017 incluso, i valori limite giornaliero e annuale fissati per le particelle PM10 sono stati regolarmente superati nelle zone interessate", si legge su una nota della Corte. La Corte ha specificato che è "irrilevante che l'inadempimento risulti dalla volontà dello Stato membro al quale è addebitabile, dalla sua negligenza, oppure da difficoltà tecniche o strutturali".

Le violazioni dei limiti tra il 2008 e il 2017

Nel 2014, spiega la Corte di Giustizia Ue, la Commissione europea ha avviato un procedimento per inadempimento nei confronti dell'Italia in ragione del superamento sistematico e continuato, in un certo numero di zone del territorio italiano, dei valori limite fissati per le particelle PM10 dalla direttiva "qualità dell'aria".

Secondo la Commissione, infatti, da una parte, dal 2008 l'Italia aveva superato, "in maniera sistematica e continuata, nelle zone interessate, i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle PM10", ai sensi della direttiva "qualità dell'aria". D'altra parte, la Commissione muoveva censure all'Italia "per non aver adempiuto l'obbligo ad essa incombente" di adottare misure appropriate al fine di garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10 nell'insieme delle zone interessate.
Ritenendo insufficienti i chiarimenti forniti in proposito dall'Italia nel corso della fase precontenziosa del procedimento, la Commissione, il 13 ottobre 2018, ha proposto dinanzi alla Corte un ricorso per inadempimento.
Nella sentenza pronunciata oggi, 10 novembre 2020, la Corte, riunita in Grande Sezione su domanda dell'Italia, ha accolto il ricorso.
La Corte dichiara che l'Italia non ha manifestamente adottato, in tempo utile, le misure in tal senso imposte.

 

CORTE UE, ITALIA CONDANNATA SU POLVERI SOTTILI/ Schiaffo anche su fondi strutturali


Italia condannata da Corte di Giustizia Ue e Corte dei Conti europea per le violazioni dei livelli di polveri sottili consentiti e uso fondi strutturali.


Italia condannata. Arrivano due sonori schiaffi dalle Corti UE: in particolare dalla Corte di giustizia Ue sul tema della qualità dell’aria e dalla Corte dei Conti europea su quello dell’utilizzo dei fondi strutturali. Nel primo caso, come riportato dall’AGI, la Corte di giustizia UE, cui si era rivolta nel 2018 la Commissione Europea, ha rilevato che, in una serie di zone del territorio italiano “dal 2008 al 2017 compreso, i valori limite giornalieri e annuali fissati per le particelle di Pm10 sono stati superati in maniera molto regolare” e che “l’Italia non ha chiaramente adottato misure tempestive” per impedire queste costanti violazioni dei livelli di polveri sottili consentite. Dal canto suo il nostro Paese, non riuscendo a fornire prove in grado di confutare le accuse mosse dalla Commissione europea sul mancato rispetto delle norme, ha cercato vanamente di fare leva “sulla diversità delle fonti d’inquinamento dell’aria per sostenere che alcune di esse non potrebbero esserle imputate, come esempio quelle che sarebbero influenzate dalle politiche europee di settore, o sulle particolarità topografiche e climatiche di talune zone interessate“. Gli sforzi italiani però non hanno portato frutto visto che la Corte ha sentenziato l’inadempimento sulla direttiva per la qualità dell’aria dichiarando che “l’Italia non ha manifestamente adottato, in tempo utile, le misure in tal senso imposte“.

CORTI EU, SENTENZE CONTRO ITALIA SU POLVERI SOTTILI E FONDI STRUTTURALI

L’altro schiaffo è come detto quello della Corte dei Conti Europea sull’utilizzo dei fondi strutturali da parte dell’Italia, che in questa particolare classifica risulta al penultimo posto nel Vecchio Continente, meglio solo della Croazia.

La Corte ha sottolineato come a fronte di una media di assorbimento in Ue del 40%, l’Italia ha utilizzato nel 2019 circa il 30% dei fondi strutturali di investimento (Sie) a disposizione. Bisogna precisare che i tassi di assorbimento variano in maniera importante da un Fondo all’altro. Basta guardare il tasso di assorbimento del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr), dove l’Italia ha raggiunto un 50% di utilizzo dei fondi rispetto ad una dotazione di 100 miliardi di euro che costituisce anche il tasso più alto rispetto agli altri fondi Sie. Al contrario il tasso di assorbimento del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp), con una dotazione di 5,7 miliardi di euro, si è fermato al 29%. Per quanto nel 2019 il ritmo di assorbimento globale per i diversi fondi strutturali di investimento sia stato più rapido che in qualsiasi altro esercizio dell’attuale quadro finanziario pluriennale, esso è stato più lento nel 2019 che nel 2012, il corrispondente esercizio del precedente quadro finanziario. Il Paese che sfrutta meglio l’opportunità rappresentata dai fondi strutturali? La Finlandia, che sfiora l’80% dei fondi disponibili, davanti a Irlanda, Lussemburgo e Austria.

 


La replica del ministro dell'Ambiente Costa

"La sentenza della Corte di Giustizia sul superamento dei limiti di PM10 non ci coglie di sorpresa, visti i dati su cui è basata e che sono incontrovertibili alla prova dei fatti. Dati che, benchè si fermino al 2017, indicano un problema che purtroppo non è ancora risolto. Fin dal mio insediamento, nel 2018, ho messo in campo tutti gli strumenti possibili, in accordo con le Regioni, per affrontare il tema della qualità dell'aria. Sottolineo infatti che ogni anno sono almeno 80 mila le vittime dovute a questa problematica che investe soprattutto il Bacino Padano, ma non soltanto". Così il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, commenta la sentenza del giudice europeo, su un tema, quello della qualità dell'aria, su cui "l'Unione europea ha manifestato una grande attenzione negli ultimi anni contestando più volte a quasi tutti gli Stati membri il disallineamento rispetto ai parametri unionali", precisa una nota.
"Credo che questa pronuncia debba essere uno stimolo per tutto il Governo a far di più e meglio rispetto a quanto già abbiamo messo in campo - auspica Costa- considerando che la stessa Corte nella sentenza riconosce la bontà delle azioni intraprese dal 2018, per garantire nel più breve tempo possibile un ambiente più salubre a tutti i cittadini".

 
 
 
 
 

C'è rapporto tra polveri sottili e Covid:

La Corte di giustizia europea condanna l'Italia per violazioni sistemiche sui Pm10

 
C'è rapporto tra polveri sottili e Covid. Intanto l'Ue condanna l'Italia (di V. Cogliati
francescoch via Getty Images

L’ultima conferma è arrivata poche ore fa. La Corte di giustizia europea ha stabilito che, tra il 2008 e il 2017, l’Italia ha violato in maniera sistematica e continuata i valori limite UE sull’inquinamento dell’aria e non ha adottato misure adeguate alla riduzione delle polveri sottili. Polveri che nel nostro Paese costano la vita ad almeno 60 mila persone ogni anno. È l’ennesima testimonianza del prezzo che stiamo pagando per il ritardo negli interventi di protezione della salute dei cittadini.

Ma questo verdetto illumina anche un altro scenario: il costo smog si riflette anche sulla pandemia. C’è infatti una correlazione tra inquinamento atmosferico e letalità del Covid-19. Connessioni che già nella prima ondata della pandemia erano state segnalate, e che oggi trovano nuove conferme.

La prima è stata pubblicata sulla rivista Science Advances la scorsa settimana e consolida, con la validazione di scienziati indipendenti, quanto già era emerso da un’indagine realizzata dall’università di Harvard e coordinata da Francesca Dominici. Lo studio, oltre a delineare le ulteriori sfide relative all’evoluzione della qualità dei dati e alla modellizzazione statistica entra nel dettaglio della situazione in 3.089 contee degli Stati Uniti, il 98% della popolazione, incrociando i dati sulle concentrazioni di PM 2.5 (le polveri molto sottili) con la mortalità per COVID-19.

La correlazione è positiva: ad un aumento di 1 μg/m3 nella media a lungo termine dell’inquinamento corrisponde un aumento statisticamente significativo dell′11% del tasso di mortalità di una contea, che, inoltre, è più alto là dove maggiore è la percentuale di residenti neri della contea stessa. Il Covid-19 colpisce più durante negli ambienti più inquinati e più disagiati.

I risultati dello studio condotto in USA sono confermati da altre ricerche come quella condotta dall’Università di Birmingham, nel Regno Unito, e pubblicata nella rivista Environmental and Resource Economics, che rileva come all’esposizione a lungo termine al PM 2.5 aumentino i ricoveri di circa il 10% e i decessi del 15%. Lo studio ha preso in esame, come unità territoriale di riferimento, i Comuni olandesi che hanno una dimensione media di 95 km² rispetto ai 3.130 km² di una contea statunitense, cosa che aggiunge significatività ai risultati ottenuti.

Lo studio ha rilevato come il peggior inquinamento atmosferico è quello di alcune zone rurali, nel sud e nell’est del Paese, provocato dall’ammoniaca prodotta dalla grande quantità di allevamenti intensivi. Ed è bene ricordare che la Lombardia divide con i Paesi Bassi il primato europeo di regione con la più alta densità di allevamenti intensivi d’Europa.

Un’ulteriore conferma viene da un altro studio pubblicato sulla rivista Cardiovascular Research, a fine ottobre, che ha comparato i dati mondiali disponibili: sia quelli riferiti all’epidemia da SARS-CoV-1 del 2003 sia quelli prodotti dalle indagini preliminari sul SARS-CoV-2 dal 2019. Questi dati confermano che l’incidenza e la gravità del contagio sono correlati all’inquinamento atmosferico.

Lo studio si allarga fino a stimare che l’inquinamento abbia contribuito per il 15% circa alla mortalità per COVID-19 nel mondo, con un’incidenza media differenziata per area: il 27% in Asia orientale, il 19% in Europa, e il 17% nel Nord America. Inoltre, lo studio stima che circa il 50-60% della frazione antropica attribuibile all’inquinamento è correlata all’uso di combustibili fossili, che sale fino al 70-80% in Europa, Asia occidentale e Nord America.

Il risultato convergente di questi studi è che, se pure non c’è ancora alcuna evidenza scientifica che il particolato sia veicolo del Sars-Cov-2, certamente l’inquinamento atmosferico non solo è un fattore di co-morbilità ma è anche un aggravante di letalità, perché accresce la probabilità che l’esito del Covid sia infausto.

Per mettere in campo strategie efficaci si deve inoltre completare il quadro ragionando con un’altra convergenza, un altro aggravante d’effetto: le disuguaglianze sociali e sanitarie, che predispongono a differenze molto significative nella risposta alla pandemia.

In Inghilterra, ad esempio, l’Office for National Statistics, in un’analisi che copre il periodo tra il 1 ° marzo e il 17 aprile, ha documentato che il tasso di mortalità da Covid-19 nelle parti più svantaggiate dell’Inghilterra è stato di 55,1 decessi per 100.000 abitanti, rispetto a 25,3 decessi per 100.000 abitanti nelle aree più ricche.

Non è difficile capire le ricadute possibili di questa visione sistemica per le politiche pubbliche. Almeno tre: 1) i territori più inquinati disegnano già una priorità di aree di intervento per le politiche pubbliche contro il contagio, lì occorre investire prioritariamente nella medicina di territorio; 2) nessuna azione di prevenzione della pandemia può prescindere da politiche di risanamento ambientale e di riequilibrio ecologico; 3) da qui occorre partire per definire priorità e criteri guida per l’impiego delle risorse che saranno messe a disposizione dal #NextGenerationEU.

 
 

 

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